Vediamo se non scrivo razzate e se riesco a farmi capire.
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Comincio con quanto scritto dal Maggy.
In linea di principio la sensazione, anche fatta a secco, è una impostazione molto corretta, però c’è un però: a saperla!
In soldoni, se uno non conosce ancora perfettamente quali muscoli attivare nel marasma di fasce muscolari delle nostre gambe sarà difficile che possa praticare questa “tecnica” senza prima consolidare il gesto meccanico in pista.
Ed ecco i perchè dei generici preparatori atletici, che non sciano a buon livello, rimangono perplessi su quali muscoli specifici intervenire.
Ma c’è di più.
Prendiamo un bambino di 8 anni ed un ragazzo di 25 digiuni della pratica.
Il bambino non ha ancora la muscolatura e la sua comprensione alle esposizioni teoriche è ovviamente più limitata rispetto al ragazzo.
Mettiamogli su gli sci e dotiamoli dello stesso maestro, andando a verificare il livello raggiunto dopo 4 anni (a parità di ore dedicate).
Nel 99.9% dei casi il bimbo sarà notevolmente più avanti tecnicamente.
Perchè? Perché i bimbi memorizzano il gesto con più rapidità, in quanto meno sovrastrutturati mentalmente di un adulto. Si concentrano sul buono e meccanicamente, anche senza sapere il motivo, lo replicano con più facilità.
Morale, passare, ad esempio, da una tavola propriocettiva per esaltare mnemonicamente il gesto, per poi credere di trasportarlo in toto sugli sci è un’utopia, ragionamento opposto per chi sa già quali sono i muscoli soggetti allo sviluppo della propria sensibilità .
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Fred
L’antenna che capta le sensazioni non è certo la tibia.
Certo tu spingi meccanicamente sulla lingua del gambetto, ma dove il cervello percepisce il quanto e dove viene impressa la forza è il piede.
Quindi sentire la caviglia più piegata o sentire le estremità del piede (mignolo ed alluce) sono il tramite per inviare, in maniera più prossimale ed esatti, gl’impulsi e le sensazioni al cervello.
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Non mi ricordo, ma penso di si, ho già scritto che il libro del valtellinese è alquanto stagionato e se si vuole una lettura attuale si deve prendere il libro della FISI e già anche lì c'è da dire che è in ritardo rispetto alle ultime tendenze, basta osservare un maestro di 20/25 anni ed uno di 35 (che sono quelli che hanno fatto materialmente il libro)per cogliere le differenze.
Grande comunicatore, grande affarista, ma il suo apporto tecnico non c’è mai stato (gli allenatori di allora erano altri…..)
Non devo spiegare motivando il 50-50, ma quando sento ancora parlare di "avanti interno".... rabbrividisco.
L’avanti interno si faceva quando gli sci erano meno autosterzanti. Ora non si porta avanti nessuno sci interno (o come fanno in tanti, perché più comodo, portando indietro l’esterno)ad inizio curva.
Basta solo caricare le spatole flettendo le caviglie (o per far contento Fred premendo sulla lingua dello scarpone).
Il problema sorge nel momento in cui, avendo gli sci molto autosterzanti e che quindi prendono il vincolo istantaneamente portandoci dentro la curva repentinamente, non riusciamo a dare una pressione interno/esterno il più parallela ed uniforme possibile.
Ed ecco perché si tende a cadere sull’interno nel caso di maggior forza impressa sull’interno anche con la sola distribuzione del peso.
Quanti hanno sentito la frase “entri con la testa”? E’ proprio perché la distribuzione del peso è stata mal posta, quindi l’interno trova subito il vincolo, mentre l’esterno parte per una propria tangente perché rimasto indietro e/o troppo scarico ed una volta “partiti” pensare di poter ritornare sull’esterno dandogli carico è impossibile.
Ciò si ricava anche nel testo UFFICIALE FISI (oltre che ascoltare i nuovi video postati a suo tempo da Geronte) laddove:
cit:
In particolare, è l’articolazione della caviglia a giocare un ruolo chiave. Nella prima parte di curva, si deve piegare fino a portare la tibia in appoggio - senza premere - sulla linguetta dello scarpone, per favorire la centralità e il corretto inserimento dello sci nella traiettoria voluta. Nella seconda parte di curva, invece, la caviglia deve contribuire alla gestione delle inerzie verticali: un piegamento eccessivo (cedimento) comporta una perdita di centralità nell’uscita dalla curva, che pregiudica l’ingresso nella curva successiva, e determina una dissipazione di carico, compromettendo lo sfruttamento delle caratteristiche meccaniche (deformazione) degli sci.
Si tende a ricercare un’uguale distribuzione del carico fra lo sci interno e quello esterno: l’inclinazione del pendio, la traiettoria di curva e la consistenza del manto nevoso possono far variare tale ripartizione.A questo punto c’è poco dal trovarsi scettici di fronte a chi vive lo sci ai veri massimi livelli.
Si può dire che è difficile, che è una tendenza, che magari il 50-50 sia puramente teorico, che se sono su un cambio di pendenza per chiudere la curva e contrastare l’inerzia devo dare più pressione all’esterno o che s'intende anche per distinguere i vari passaggi storici dello sci: tutto interno - interno in entrata ed esterno in uscita - oppure quello delle tre fasi di Mayer, ma poi, alla fine, basta dare un'occhiata al "fotomontaggio" di Cristomir (novello istruttore… eh eh eh!!!) per capire, guardando la neve alzata, di che cosa si parla.
Morale: il concetto c’è ed è valido tecnicamente, con buona pace dei nostalgici dell’avanti interno, terminologia sparita nel nuovo testo……..
Il fermo immagine.
Cit:
La miglior espressione e la massima efficacia nel gesto tecnico si ottengono con la ricerca di un’alternanza fra contrazione e decontrazione muscolareSe si va a pag.168 della bibbia, troveremo uno che non è buono di sciare, ma di più…., che è nella (quasi) medesima situazione del Papero.
Partiamo dal presupposto che siamo inclinati, che compensiamo con il busto, che le forze dinamico-inerziali sono sotto controllo e sull’asse sagittale, quindi “stra-a-posto”, che succede?
Che avendo le spatole vincolate dopo la fine della curva, continuiamo a girare.
Ma noi dobbiamo passare ad una nuova fase d’indirizzamento per andare a cambiare nella successiva curva, quindi dobbiamo modificare la situazione “sterzante”.
Per far ciò dobbiamo “mollare la presa” del vincolo, appunto la decontrazione muscolare, e rialzarci e spesso si usano i “rimbalzi” inerziali. Questo porta inevitabilmente allo “svincolo” della spatola a favore di un maggior vincolo della coda, che ci restituisce la portanza necessaria (appunto il rimbalzo) per aiutarci a rialzarci ed indirizzare verso la successiva curva.
Blardone.
Non che il nostro Paperotto lo sia (eh eh eh!!!), ma in questa foto (esasperata rispetto a quella del Papero) si nota chiaramente (ricordandoci che il palo è il punto di fine curva) che per rialzarsi e non continuare a girare, DEVE scaricare le spatole, DEVE caricare le code.
Basta verificare, nelle due foto, che lo sci è ancora deformato (c’è l’arco), ovviamente più spostato verso la coda. Ma è un frangente.
Se nella foto Blardone avesse ancora in presa delle spatole, inevitabilmente andrebbe a finire la curva metri-metri dopo (ritardo di linea e basso di linea nella seguente)
Quindi, a prescindere se ad esempio lì poco prima c’era una buca, un binario, etc…, che ha fatto perdere la sua giusta posizione (ed ecco perché le foto estrapolate da un video hanno poca valenza), quel movimento avanti/indietro all’uscita da una curva è da ritenersi del tutto normale, anche perchè più si compensa più diventa pressoché inevitabile, viste le forze inerziali in gioco, anche se si è Maciste!
Poi c'è chi come Bode ha fatto ne una sua prerogativa esasperando il movimento "basculente" fino ad arrivare alla rottura della coda.
(date un'occhiata alla seconda terza ed ultima immagine della sequenza)
Quello che primariamente manca, e che in diversi hanno sottolineato, al Papero è questo:
cit:
Per eseguire al meglio le curve condotte, è fondamentale coordinare l’appoggio del bastone in base alla traiettoria di curva: il punto di appoggio de l bastone (che può essere solo accennato ndr)
segna la traiettoria di spostamento del bacino tra la fine di una curva e l’inizio della successiva.
Le braccia aiutano a orientare l’asse sagittale verso la punta dello sci, in funzione della traiettoria e del pendio.
Il busto e le braccia collaborano al mantenimento della centralità e all’ottimizzazione del carico (“chiusura dell’angolo della caviglia” e quindi a sua volta direttamente sulla spatola ndr).
E qui si dovrebbe incominciare a parlare della fase passiva post quella foto, etc…., ma lo sci non è teoria, è pratica, mooolta pratica!