Prima o poi doveva capitare, è inevitabile. Ieri sono stato da Mark per i miei nuovi scarponi. So che dirò qualche cosa di impopolare ma è ufficiale: mi sono trovato malissimo!
Immagino che quest’affermazione possa essere controversa; così, mi sento in dovere di aggiungere qualche particolare che spieghi la situazione. Procediamo con ordine.
Prima di tutto mi immaginavo di entrare in un rinomato negozio specializzato e mi trovo invece in un antro buio: la cripta, la chiamano, beh mai nome e’ stato più appropriato. Nessun centro commerciale in vista (per chilometri), deserto. Forse per alcuni la tranquillità è preziosa ma quando si ha che fare con la clientela di oggigiorno non si può prescindere da una congrua razione di confusione e baccano. Così non va, se devo suggerire un cambiamento, il luogo mi pare il primo elemento su cui lavorare.
Ma veniamo alla sostanza. Mark è una persona gentile e a modo ma devo proprio dire che approfitta di ciò in maniera subdola. Mi ha tenuto a parlare dei miei passati scarponi e dei miei piedi (contento lui) per forse 20 minuti, senza nemmeno accennare a un possibile scarpone per me. Poi se ne salta fuori con un paio di alternative (solo?) e mi decanta le lodi di ognuno di essi. E “guarda che questo è fatto così” e “ma quello è fatto cosà”, “da questo ti puoi aspettare che vada così, “mentre quello si comporta cosà” e via argomentando per un’altra buona mezz’ora. Nessun accenno al fatto che gli scarponi hanno una caratteristica fondamentale a cui ogni serio sciatore pensa profondamente: il colore. Mi ha ficcato due cosi da provare senza nemmeno lontanamente informarsi su come mi vesto. E, non poteva essere altrimenti, i due candidati erano inguardabili, certamente non si potranno abbinare facilmente con quasi nulla.
Ancora maggior sostanza; mi fa entrare negli scarponi senza scarpette, così, “nature”. E avanti, e indietro, e cosa senti qui, e cosa senti là, ma quanto spazio c’e’ per il collo del piede. Ora comprendo perche il PIL italiano è ai livelli dell’Argentina, qui stiamo perdendo dell’altro tempo. E sempre con quel suo fare mellifluo e ipnotizzante; non esistono più i venditori di una volta (prendi questo scarpone qua che sono sicuro che è della tua misura e mentre esci fatti l’ultimo modello di quegli sci la, li ho solo più lunghi 1 metro e 20 ma a te che non sai sciare vanno bene lo stesso, ma fai in fretta che non ho tempo da perdere).
Ecco che ora mi ficca in mano le scarpette (non senza prima averne decantato le lodi) e mi dice di infilarle; quindi, infilarle negli scarponi. Qui mi assale il sospetto che mi voglia vendere degli scarponi in due pezzi (ma dovrò mica danzare ‘sta tarantella tutte le volte che vado a sciare?). Risultato, il piede pare stare in una martinetto idraulico; ma lui subito interviene a spiegare che devo tirare qua, lasciare di là, spingi, molla, gira, non torcere, piega, distendi, ripiega, pompa,… ma ohhhh, ma che …da ora in poi devo sottopormi a ‘sta tortura? Ma gli scarponi che si mettono su e si va a sciare non li fanno più?
Dopo dieci (dico dieci) minuti di adattamento ai due scarponi (quasi non oso più chiamarli così), scopriamo che uno non va bene. E lui mi fa: “ehh, lo sapevo”. Ma se lo sapevi non potevi dirlo prima? E che ci stai a fare? “eh, ma la forma di questo scarpone viene data con lo stampo della supercazzola che si comporta così e per i tuoi piedi non va bene”. Ma quale forma? Se fa male se ne prende uno più grande, lo sanno tutti. Adesso capita che debba dirglielo, ma mi trattengo. Tiriamo innanzi.
Ma ora viene la successiva fase: la termoformatura. Adesso ne ho la certezza scientifica, mi vuole infinocchiare. Si inventa la “termoformatura” per poi giustificare il prezzo degli scarponi che ora già so che mi costeranno come una centrale nucleare. Si mette a scaldare e scaldare e scaldare per poi dirmi che forse sentirò un po’ caldino quando calzerò nuovamente le scarpette (che sono già di nuovo fuori dagli scarponi, si vede che non si prevede che debbano stare dentro per più di qualche minuto). E te credo, le scarpette adesso sono rosse e io dovrei sentire caldino? Ma nessuno lo avrà informato che siamo in giugno, ma non giugno dell’emisfero australe, no giugno in Italia, Europa, pianeta Terra? Posto caldo per definizione.
Va beh, infiliamo nuovamente piedi e scarpette negli scarponi (scafi li chiama lui, in qualche modo deve farsi bello con i termini impegnativi). Come previsto, caldini. E stiamo un altro dieci minuti a fare la sauna (ma… non è che ho sbagliato posto, io associavo lo sciare e gli scarponi al freddo e qui fa soltanto un caldo da maledetto). Nel frattempo sarà passata un’oretta abbondante.
Ma veniamo al dunque, punti di pressione. Non avete capito male, mi ha proprio chiesto quali fossero i miei punti di pressione. A parte la domanda impertinente, io mi controllo, congiungo le dita a cupola e fletto il polso della mano destra alcune volte (tecnica del “ma che razzo vuoi”). Lui mi spiega che intendeva chiedere dove lo scafo (aridanghete) preme sul piede. Non comprendo l’utilità’ della domanda, se preme la tecnologia e l’industria moderna hanno previsto una soluzione creativa geniale: la taglia più grande.
Ma no, lui vuole spingere, allargare e … (qui ti volevo), fresare!!! Mi dice che serve a creare lo spazio per quell’ossicino, per quella sporgenza, ecc. Ormai ho deciso che voglio vedere dove vuole arrivare, forse si tratta di una tecnica per incuriosire il pollo di turno e rosolarlo per bene per poi sfilargli il quattrino. Spiana le zeppe, fresa di qui, fresa di là, riprova, rifresa, e riprova, e rifresa. Ti credo che adesso vanno bene, sono larghi come le crocs! L’unica considerazione che mi consola è che con tutta quella plastica che ha tolto (e si è tenuto, pensava lui che non l’avessi notato) avrò la possibilità di chiedergli uno sconto congruo e consistente.
Quando penso, dopo quasi tre (3!) ore, che tutto sia finito, il mago estrae dal cilindro l’ultimo coniglio per impressionare la platea: i rialzi. Funziona così, le case di scarponi (in combutta con i venditori) producono scafi (contagiato!) più bassi del dovuto così che quello che li vende debba applicare uno spessore per riportarli all’altezza utile. Grande trucco! In questo modo ti ridanno la plastica che ti hanno tolto dall’interno dello scarpone e tu non puoi più chiedere lo sconto. Geniale!
Pago (ma ho l’impressione che io stia semplicemente ricomprandomi la libertà), lo saluto e me ne esco a respirare finalmente all’aria aperta, mi infilo nuovamente in macchina e fuggo a tutta velocità.
P.S. devo aver dimenticato all’inizio di scrivere [MODO CRETINO ON], rimedio subito con [MODO CRETINO OFF].
Grazie di cuore Mark, ci vediamo la settimana prossima
Per i curiosi che hanno avuto la forza di leggere fin qui lo scarpone della storia e’ un fiammante Head B2 (che essendo bianco si abbinerà con qualunque cosa
).