ricevuta da un'altro malato molto infettivo !!!
NIVOFILIA COMPULSIVAGià, la neve. Ma siamo sicuri di conoscerla bene? Sappiamo tutti i suoi segreti? Certo, la neve è stata studiata e ristudiata da schiere di fisici, chimici, meteorologi e climatologi in ogni sua forma e trasformazione. Di lei sappiamo molto, anche perché, quando è tanta e decide di scendere dal monte tutta insieme, ci fa paura quindi, nel tempo, è stata presa in considerazione da tutta una serie di esperti in materia.
Ma non è questo il punto. La domanda di fondo, presa in prestito dallo stile di Manzoni, posta all’inizio di questo scritto, non vuole una risposta scientifica. Ne cerca un’altra.
Quando, durante una bella nevicata, i server dei forum meteo rischiano di saltare, visto l’altissimo numero di partecipanti, succede qualcosa che non riusciamo pienamente a comprendere supera i confini della passione e sfocia in qualcosa d’altro.
Ai miei tempi di forum neanche a parlarne, anche perché “internet” era una parola sconosciuta, quindi dimenticatevi tutto ciò che oggi sembra normale. Acronimi o sigle come GFS, ECMWF o LAMMA o BOLAM potevano al massimo essere associate a qualche personaggio dei manga giapponesi tipo Atlas Ufo Robot o Capitan Harlock o alle varie serie di Star Trek e Spazio 1999.
I nostri idoli si chiamavano Edmondo Bernacca, Andrea Baroni e Guido Caroselli.
Per alcuni di noi più fortunati, che abitavano sul confine svizzero, significava avere al massimo un bollettino in più, quello di Locarno Monti…
Abbiamo vissuto le nevicate storiche degli anni ’70 e ’80 e, assieme ad esse, una miscela di emozioni, delusioni, euforie, speranze, pensando di essere persone rare, nel senso di essere in un certo qual modo dei malati mentali.
Non c’erano i mezzi per potersi confrontare, quindi si pensava di essere soli, incompresi, vessati dai genitori che urlavano: “Basta! Chiudi quella finestra che ci fai congelare!” Oppure :“Ma dove vai ancora?” e, alla nostra risposta:”Vado a misurare quanta ce n’è”, ti riempivano di epiteti non pronunciabili oppure ti mettevano via con un :“Ma vai a studiare piuttosto di pensare alla neve!”
E poi c’era l’ora di “Che tempo fa” dove agognavi tre minuti di silenzio, oppure scappavi da tavola perché sentivi la musichetta (indimenticabile) della sigla, quindi tua madre ti intimava di finire di mangiare e tu andavi di là lo stesso perché, assolutamente, c’era da capire se sarebbe arrivata LEI.
Manco fosse la donna più bella del mondo, dico io.
Che poi, quando arrivava veramente… la morosa intendo, se nevicava, povera lei, perché doveva dividerti… con un lampione!
Ma cosa non si fa in suo nome! E quali piccole manie sono cresciute con gli anni e l’esperienza, quanti stratagemmi per capire, osservare, anticipare, insomma una vera e propria malattia che potremmo chiamare benissimo (come mi suggeriva un brillante forumista ultimamente): NIVOFILIA COMPULSIVA.
Chi soffre di questa malattia si metta l’anima in pace perchè la cura non esiste e, con le dovute evoluzioni dovute all’età, ce la si porta dietro tutta la vita.
Si trasmette spesso da padre in figlio e (per esperienza diretta) non viene trasmessa solo per emulazione ma principalmente per via cromosomica.
Normalmente i primi sintomi non si capiscono da soli, poichè si manifesta già in tenera età e quindi si sviluppa negli anni, peggiorando, alimentata dall’esperienza, dagli studi sulla materia “neve” e da altri sconosciuti motivi.
Il soggetto manifesta tutti i sintomi specialmente nella stagione invernale e, come un raffreddore, ecco arrivare i primi segnali non appena la situazione meteorologica è favorevole ad una bella nevicata.
Oggi, a differenza di ieri, la malattia è molto più contagiosa e può essere presa anche attraverso la rete!
Negli giorni immediatamente precedenti una possibile nevicata, il soggetto può soffrire di palpitazioni o attacchi di ansia con difficoltà respiratorie. Durante le uscite dei vari “run” di previsione, può succedere che il soggetto vada in apnea tra una carta e l’altra. Le apnee, come sanno bene i “russatori”, sono pericolose e possono portare dei danni al sistema cardiocircolatorio.
Ma la questione diventa seria all’inizio dell’evento nevoso, specie se sopraggiunge la sera all’approssimarsi del buio.
Il nivofilo compulsivo può essere colto da una forma associabile al “Ballo di S.Vito” in quanto, se chiuso tra le pareti domestiche, inizierà a correre da una finestra all’altra in cerca, non solo dell’amico lampione, famosissimo oramai tra i nivofili, ma per cercare altri punti di riferimento conosciuti a lui soltanto, dove potrà valutare l’intensità del fenomeno.
Chi è vicino sentimentalmente al soggetto deve assecondarlo, e deve avere una gran pazienza.
La notte, per il nivofilo compulsivo, è un momento molto delicato. La perdita del sonno è molto frequente in questi casi. Il soggetto tenderà l’orecchio per accertarsi che i suoni provenienti dall’esterno siano sempre ovattati e interrotti di tanto in tanto dal rumore degli spazzaneve. Anche se dovesse prendere sonno il poveretto andrebbe incontro a incubi spaventosi, costellati di piogge monsoniche sopra lo strato di neve, con disgeli repentini e giornate afose con trenta gradi.
Guai se dovesse svegliarsi in piena notte al rumore di acqua che scorre nei pluviali! Potrebbe avere un malore. In questi casi, spesso, il soggetto balza dal letto svegliando la malcapitata al suo fianco, e corre alla finestra più accreditata. Nel caso dovesse piovere, il poveretto cadrebbe nella fase “down” della malattia: la “Sindrome Depressiva da fine evento”.
Nella sua mente, in quel momento, nulla conta di più della tragedia che si sta consumando. Nessuno riesce a consolarlo e, spesso, il soggetto si chiude in un silenzio che può durare ore o giorni. La sua vita è finita, e non c’è niente che si possa fare per convincerlo del contrario.
Sono conosciuti anche casi di “allucinazioni da lampione”, nel senso che il soggetto vede piccoli fiocchi di neve anche in totale assenza di precipitazioni. Il desiderio di neve è talmente forte che il cervello produce l’immagine del desiderio stesso composto da fiocchi di neve inesistenti. Lo stesso può capitare in pieno giorno per le zone favorevoli al contrasto (vedi più sotto).
Nella vita quotidiana, il nivofilo compulsivo, può andare incontro a problemi dovuti alle interrelazioni con altre persone in ambito scolastico, lavorativo o affettivo. Lo studente può essere ripreso e redarguito in quanto, durante una nevicata, viene assorbito completamente dal panorama che si può osservare da una finestra, specialmente se lo sguardo si può soffermare su zone scure come sottotetti o fronde di conifere, dove il contrasto con i fiocchi di neve è più forte, ed è quindi possibile apprezzare la qualità e l’intensità della precipitazioni.
Negli ambienti lavorativi, il soggetto andrà incontro a paurosi cali di rendimento, specialmente se avrà a disposizione l’accesso ad internet. Qui, il capo-ufficio potrà constatare che, anziché preparare il piano di Marketing, il soggetto starà seguendo in contemporanea: Forum, Landi, Wetterzentrale, BOLAM, LAMMA, MOLOCH ecc. ecc. con le conseguenze che ci possiamo immaginare.
E’ noto nell’ambiente dei nivofili che, durante un episodio di precipitazione di pioggia mista a neve, prossima al passaggio a neve o viceversa, guidare un autoveicolo può diventare estremamente pericoloso. Il soggetto, infatti, pur conducendo il veicolo, sarà estremamente concentrato su quello che capita sul parabrezza, per contare gli “splatters” e per valutarne la qualità e l’immediata previsione sull’evoluzione della precipitazione. Nel frattempo avrà schivato la vecchietta, sarà passato con il rosso e avrà rischiato una decina di tamponamenti senza che lui minimamente se ne potesse rendere conto.
Alcuni soggetti si spingono oltre, cercando di inviare SMS ad altri appassionati per informarli della situazione, con il rischio di perdere punti dalla patente.
Ora, dopo la carrellata di esempi, pensiamo di aver fornito un quadro clinico e sociale piuttosto completo. Oggi, tra l’altro, il problema è molto più conosciuto rispetto a un tempo anche grazie allo sviluppo della rete, che ha messo in comunicazione diretta e contemporanea molti di questi appassionati.
Negli ultimi anni, infatti, i Forum, oltre a creare salotti virtuali di discussioni meteorologiche (cose impensabili solo una decina di anni fa) sono andati incontro a questi “sfortunati”, come in una sorta di gruppo di “auto-aiuto”, dove molti soggetti confrontano le loro delusioni, ma anche i momenti di euforia. Dopo tanto tempo molti di loro hanno scoperto di non essere soli, e hanno acquistato il coraggio di parlare della loro “malattia” anche con la gente normale.
Ma il quadro socio-clinico non risolve la domanda di fondo. Perché? Perché una passione così incontrollabile per la neve?
Bene, fino ad ora abbiamo preso la cosa sotto l’aspetto tragi-comico, come una sorta di quadro fantozziano e, magari, ci siamo riconosciuti in parte o in molte delle situazioni sopra descritte.
Proviamo ora ad approfondire le motivazioni senza la pretesa di psicanalizzare nessuno (per carità) pensando, invece, di volerci capire qualcosa di più.
La neve ha indubbiamente molti aspetti che possono affascinare anche senza capire nulla di meteorologia. Tant’è vero che, da bambini, molti di noi l’hanno amata subito incondizionatamente senza conoscere nulla di lei, quindi ecco servito il primo aspetto.
Un fascino immediato viscerale, quasi atavico, insito e naturale ci fa azzardare ad un accostamento che potrebbe scandalizzare alcuni dei nostri lettori. La neve come una sorta di rapporto madre-bambino. Come una sorta di “imprinting”, la prima volta che il bambino vede la neve ed è cosciente di ciò che vede, e avrà quindi sviluppato una memoria permanente di ciò che ha visto, lo segnerà per la vita. La prima neve non si scorda mai, verrebbe da dire, parafrasando ciò che vale per l’amore.
E l’amore per la neve diviene incondizionato. Non solo perché da bambini, appena ne abbiamo avuto la possibilità, nella neve ci siamo rotolati, abbiamo fatto battaglie infinite, poi magari scoprendo la slitta, il bob e gli sci.
Certo non possiamo dimenticare l’aspetto ludico della faccenda, che in un angolo del nostro “Io bambino” resta dentro di noi per sempre e, da adulti, spunta fuori proprio in occasioni nevose, condivise magari con altri ottocentocinquanta forumisti.
No. Non basta. Nell’introduzione di uno dei nostri libri sulla neve, abbiamo scritto di Antoine De Saint Exupery (il famoso autore de “Il Piccolo Principe”) che diceva: “La passione ha le sue ragioni che la ragione non conosce”.
E questo sinceramente complica le cose ma, paradossalmente, le semplifica.
Una sfrenata passione per la neve è senz’altro una somma di fattori, in primis quello legato all’imprinting (la teoria della neve-madre) al quale si aggiungono una miriade di ricordi personali diretti e indiretti. Episodi vissuti, nostri o di qualcuno a noi caro, nel frattempo magari scomparso, che in qualche modo ci aiuta a ricordarlo.
Quanti di noi hanno avuto nonni, zii, prozii, una schiera di cari vecchi che, quando noi eravamo bambini, ci raccontavano le nevi dei loro tempi; magari davanti ad una camino o alla stufa, proprio mentre fuori nevicava.
Alzi la mano chi, tra noi, non ha fantasticato almeno una volta pensando ai nevoni del passato che poi, per alcuni, si sono avverati negli anni successivi?
Certo, ogni generazione ha avuto i suoi nevoni che non staremo qui a citare perchè ognuno di noi si ricorda i propri. Che poi, “come quella volta non ha più nevicato così tanto…”
Quante volte, anche nei Forum, abbiamo letto: “Ragazzi, non ho mai visto una nevicata così…”
Ed è vero, perché ogni volta che nevica è come se fosse la prima volta, e la neve non è mai la stessa, e ha sempre un colore diverso. Il colore, poi, ce lo mettiamo noi con le nostre emozioni, i nostri ricordi, quegli attimi per i quali ogni nevicata diviene un “unicum” irripetibile che non ci basta mai tanto che, alla fine di una nevicata, ci domandiamo quando avverrà la prossima.
Senza dimenticare che, la neve, nel suo candore e con il suo potere fortemente fonoassorbente, nel suo divenire copre ogni cosa e la livella. È l’elemento ordinatore che può accomunare gli strati sociali, dai quali tutti, prima o poi, ne dovranno affrontare i disagi e le conseguenze. È la rivincita della natura sul sistema, sull’establishment che, volere o volare, dovrà adeguarsi.
La città, la campagna, gli aeroporti, le autostrade, tutto capitola sotto il banco mantello.
E tutti imprecano. Tutti si arrabbiano, tutti se la prendono con chi dovrebbe pulire e non l’ha fatto, e se ne sentono di tutti i colori.
Qui, ecco che il nivofilo ha il suo momento di gloria.
Ma non è per forza una gloria manifesta. Non rivendica nulla, in realtà. È un momento di gloria profondamente interiore che può sfociare in attimi di gioia ma che, spesso, resta inespressa quasi per la paura di sprecare il momento, facendo prevalere l’istinto di preservare quell’attimo di felicità.
Fuori nevica e sopra la testa del nivofilo, a 850hpa, c’è una meno cinque, e anche a 925hpa si può stare tranquilli. La colonna d’aria è perfetta. Il radar è verde chiaro con chiazze di giallo, e la neve si accumula a vista d’occhio. Non importa dove ciò stia avvenendo, se a Cuneo, a Milano, a Brescia, a Bergamo, a Cremona, a Varese, Como, o sull’Altiopiano di Asiago.
Fuori nevica e la meteo ha dato altre 24 ore di neve intensa, forse di più….
Tutto è bloccato, non si muove anima viva. Il silenzio è perfetto. La Davis segnala una temperatura di -2.4° con un punto di rugiada da far invidia all’Engadina. Spettacolo puro.
Un pettirosso si posa sulla ringhiera di fronte. Guarda dentro la casa, non ha paura. Poi trova la vaschetta dei semi e inizia a becchettare.
Poi ringrazia e sembra salutare. Con una nevicata così non si può stare fermi. Vola via, e si perde nei fiocchi di neve che, regolari, fitti e leggeri fanno salire il manto a mezza gamba.
Qui, il nivofilo viene trasportato nell’Eden. È nel suo elemento. Smette di guardare le carte, il radar e le Bolam.
Esce.
Sotto la fitta nevicata ascolta il silenzio, appena rotto dal lieve fruscio dei fiocchi sulla giacca a vento. Il cielo è una cortina grigia compatta da dove cadono milioni di bianchi batuffoli. E lui è in estasi….
Vorrebbe fermare il tempo, vorrebbe gridare di gioia, sta vivendo una nevicata che racconterà ai suoi figli e ai suoi nipoti, sapendo che sarà il responsabile del contagio delle generazioni future. E figli e nipoti incominceranno a sognare anche loro una nevicata così, finchè un tale evento si verificherà, e loro capiranno finalmente cosa provavano i padri, e i padri dei padri. E la lunga catena di nivofili continuerà all’infinito.
Non sappiamo spiegare fino in fondo perché la neve ha un’incredibile attrazione su di noi. È sempre così; vogliamo sapere sempre il perché di tutto, e allora ci si mette a scrivere addirittura un trattato sulla neve, senza riuscire a spiegare un granchè.
Quindi fermiamoci qui. Non intacchiamo quell’alone di mistero e magia che si rinnova ogni volta che nevica.
È un miracolo della natura e i nivofili ne sanno cogliere l’essenza. Coglierne l’essenza non è da tutti, quindi se si rimane incompresi non fa niente. Siamo fatti così, e pensandoci bene, poteva anche andare peggio.
Fuori nevica e non accenna a smettere. Bene, così vado fuori a misurare e a farmi un giro…
Un giorno d’inverno del 2009